A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nella trafficata via Lorenteggio, a pochi passi da piazza Bolivar, si trova un’antichissima chiesetta, posta sullo spartitraffico della via: si tratta dell’Oratorio di San Protaso, e ha una storia millenaria.
L'Oratorio fu infatti edificato dai Monaci Benedettini intorno all’anno 1000, forse sul luogo ove sorgeva un tempietto pagano, lungo la tortuosa strada che, costeggiando un fosso derivato dalla Vepra, conduceva dalla Pusterla di Sant’Ambrogio fino a Vigevano, attraversando il sobborgo di Lorenteggio.
La costruzione sacra aveva funzione di luogo di culto per i contadini della zona, che vi si recavano per la Messa domenicale, officiata dai sacerdoti della Basilica di San Vittore al Corpo, titolare dell’edificio, che fu dedicato a San Protaso Vescovo di Milano, da non confondere con l'omonimo fratello di San Gervaso.
Una leggenda narra che durante l'assedio di Milano nel 1161-62 le forze milanesi opposero una strenua resistenza all'imperatore Federico Barbarossa proprio nei pressi del Lorenteggio; quando alla fine questi risultò vincitore, sostò presso l'Oratorio di San Protaso per ringraziare e perciò
lo risparmiò dalla distruzione.
Nel XVII secolo l'Oratorio passò dalla competenza di San Vittore all'Ordine degli Olivetani, che l'abbandonarono in epoca napoleonica, quando l'Oratorio fu adibito a fienile. Pare che Federico Confalonieri, fautore dell'indipendenza italiana in quel periodo, usasse l'Oratorio ormai privo della sua funzione religiosa e ancora isolato tra i campi, per tramare complotti risorgimentali contro l'oppressore austriaco.
Negli anni successivi risulta che l'Oratorio venisse usato, oltre che come fienile, anche come abitazione e deposito di armi, il che contribuì al deterioramento delle decorazioni interne. In seguito all'Oratorio venne restituita la sua funzione religiosa e tornò ad essere una chiesa annessa alla Cascina San Protaso, che ne aveva preso il nome, e che venne demolita negli anni '50 del XX secolo; all’epoca l'Oratorio era ancora circondato da un ambiente rurale e aveva assunto il soprannome di “Gesetta di Lusert” (Chiesetta delle Lucertole), ispirando canzoni milanesi e pittori locali.
Dal momento però che la costruzione versava in un pessimo stato di conservazione; nel 1955 ne fu proposta la demolizione ma la gente del quartiere si oppose con energia; gira la voce che, quando gli operai arrivarono sul posto per la demolizione, alla ruspa si spense il motore, e non volle più riaccendersi.
Il restauro compiuto nel 1986, oltre che da enti e fondazioni, è stato ahnche finanziato dai cittadini stessi e ha comportato sia il rifacimento dell'esterno (intonaco, tinteggiatura, copertura) che la sistemazione dell'interno (pavimentazione, soffitto a cassettoni in legno, affreschi), ed è stato condotto con il benestare della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Culturali. Attualmente la chiesetta è aperta in occasione della Festa di via Lorenteggio e di alcuni concerti che vi si svolgono.
La struttura architettonica dell'Oratorio è estremamente semplice, con una pianta rettangolare, una piccola porta con architrave per l'accesso, sormontata da una finestra tonda per l'illuminazione interna, che viene ottenuta anche tramite tre feritoie ogivali poste nei muri laterali.
Quando fu inserita nello spartitraffico, la chiesetta fu dotata di un piccolo sagrato in ciottoli dove i devoti pongono piante in vaso, ceri e offerte. Qui è stato inoltre posto un cippo rinvenuto durante recenti scavi e risalente all'inizio del XIX secolo, indicante il confine tra il territorio dell'antico Comune di Lorenteggio e quello del Comune dei Corpi Santi.
All’interno, oltre al citato soffitto a cassettoni, di notevole interesse sono i numerosi affreschi. Sulla parete sinistra è ben visibile un affresco di Santa Caterina da Siena, forse il più antico d’Italia dopo quello conservato a Siena in San Domenico.
Nell'abside invece si trova la "Vergine del Divino Aiuto" databile al XVIII secolo, rappresentante la Madonna con il Bambino attorniata da angioletti, da San Bernardo Tolomei (fondatore dell'ordine degli Olivetani), da Santa Francesca Romana (fondatrice delle Oblate Benedettine) e da San Vittore martire. Si racconta che l'affresco della Madonna fu coperto per tre volte da uno spesso strato di calce e per tre volte riaffiorò dall'intonacatura; anche nel periodo in cui la chiesetta era chiusa la devozione popolare per questa immagine non è mai cessata.
Risale all’epoca medievale l'affresco più antico, presente nella parte bassa dell’abside e raffigurante un finto drappeggio con resti di scene di caccia o di un bestiario.
Coevo o di poco posteriore alla costruzione dell’oratorio, l'affresco è databile intorno al 1100 e simile a quelli rinvenuti in chiese di più certa collocazione cronologica.
La chiesetta può essere raggiunta con l’autobus 50 in partenza da largo Cairoli.
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